mercoledì 30 novembre 2011

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Se dovessi parlare di qualcosa di cui mi è difficile parlare, ecco, io penserei subito alla gioia. E' facile svuotarsi e parlare di ciò che ci fa male, di ciò che si infila nelle vene e ci gioca, di un verme o solo di un fiume strano che cerca di navigarci dentro e a volte al contrario. A quel punto scrivere e scriversi addosso è semplice; è un modo per ricoprirsi di parole. Mentre il piccolo mostro continua a leccarci le ossa. Dolore e pudore si sfaldonano come strati di una corteccia, sempre troppo spessa. E' un avvincarsi che non porta mai alla meta. Io non so proprio scrivere della gioia e mi viene viene facile cercare la bellezza, dove è più difficile, quasi impalando l'anima, e questo solo perchè cogliere l'elegia del tormento fa sempre una sua impressione. Su un palcoscenico. Contro la maschera della realtà. E perchè, se ci pensi, ti accorgi, che la vita può essere piena zeppa di piccole gioie. Ma devi pensarci ed è quell'attimo che si dilata nella consapevolezza, dove ognuno si sente un pezzetto migliore, solo per qualche istante. Perchè ha capito. Credo sia più difficile parlarne, perchè quelle cose hanno il velo della riservatezza, necessario sulle cose che sono reali e che appartengono alla nostra sfera più intima. Per assurdo esiste una intimità mediata ed una immediata. E quella mediata è già una specie di baratto, fino a sbacarsi e a divaricarisi nell'amore. Quella immediata mangia pane e si radica come quel verme, ma è un verme buono. Una specie di verme sputaricordi. E si attorciglia, quasi da matassa. Puoi chiamarla comprensione e ne ha tutta la deliziosa lentezza e pazienza. Tutta la luce del rispetto. Non so bene cosa volessi dire quando ho iniziato, e forse neanche adesso. So che voleva scaccarmi da un pezzo. Perchè è importante conoscere il punto di partenza e non quello di arrivo. Spingersi così alla deriva del divenire quasi ci fa sentire immensi nel nostro diritto sublime al cambiamento ed alla trasformazione. C'è un pò di tutto, pentimento, perdono, ritorno o nuova partenza. Non chiamatela vita, sarebbe poco per davvero.

5 commenti:

  1. Forse non dovevo postare...ma mi andava...solo che faccio sempre pasticci e non mi meraviglierei se anche questo lo fosse...

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  2. ___ eppure è sempre presente, anche se le diamo poca attenzione, come avessimo pudore e ci sentissimo indegni a provarla.
    spesso è presente nelle piccole cose, quando giri a rovescio quelle che ti fanno paura e un po' (tanto) dolore.
    vero, condivido, interessa a nessuno sentirne parlare.
    fa molto più sugo il sangue e il malore oppure la si ammanta col velo dell'amore, ma subito ecco tornare il tema triste a primeggiare.
    si dice che scoppi improvvisa la gioia, che sia di propria natura incontenibile e fugace, se prolungata soprattutto artificialmente diventa scemenza e ottusità.
    ti auguro di riuscire a coglierla come quando è la notte delle stelle cadenti o si va nel bosco per funghi.
    si cerca qualcosa che si è certi che esista e la ricerca compensa anche se il cesto dei desideri torna a casa vuoto com'era partito.
    ciò che ci fa male arriva anche senza cercarlo, viceversa quello che ci consola sta a noi ritrovarlo sotto ai cattivi insegnamenti culturali e oltre i sensi di colpa e di inadeguatezza che ci sono stati inculcati pensando così di fare il nostro bene e salvarci.
    peccato, espiazione, martirio quello ci hanno insegnato che porteranno alla gioia perpetua e così, infine, anche quando arriva (la gioia, il piacere, financo il bello) si a confessarla come fosse una colpa eretica e schifosa.
    ci torno perchè sto argomento mi ha fatto montare la carogna contro tutto e tutti e se continuo peggioro.

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  3. Parlare della gioia, scriverne, è difficile quando non ce l'hai. E quando ce l'hai, hai da fare altro che scriverne. Chissà perchè si appare o, almeno è questa la sensazione postuma che si avverte, al parlarne poi, almeno nei post, di quell'essere fatui, frivoli e melliflui. Vuoi mettere l'impatto tragico, gli effluvi tormentati, l'effetto scenico che conferisce spessore alla tua personalità, alla considerazione che vien tributata da fans e ammiratori? Penso sia il suggello ad un backgrond formativo condivisibile. Quello attraverso cui, in qualche modo ci riconosciamo: i lacerati.
    Il dolore pare avere una bellezza estetica maggiore della gioia, ottiene sicuramente piu share e visite nei blog.
    Allora, piuttosto della gioia, sarebbe preferibile il grottesco, il comico, il buffo e irriverente. Cosa che credo ancora piu difficile scriverne. Almeno ne trovo pochi in giro.
    Coltivar piccole gioie sai, per un cinico puo essere anche il disprezzo sicchè, a ben vedere è categoria vasta pure la gioiosità se non la si estirpa dai luoghi comuni. Vabbè, arrivo fin qua che mi son gia perso anch'io.
    Bel post fiore.

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  4. DAUNFIORE
    pare, a leggere sul libro che avevo per le mani adesso, che l'ozio sia il viatico migliore per la gioia.
    ho fotografato la pagina con la ricetta, la trovi qui CLICK

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  5. Io riesco a parlare della gioia, della noia, e della morte nello stesso modo. Non si direbbe, ché il tono sembra uguale, ma assicuro a me e agli altri che cambia, altroché. In ogni caso l'espressione rimane quella dello sberleffo perché così penso che debba esser presa la vita, poco sul serio.
    Bel pasticcio.

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