lunedì 25 luglio 2011

tempeste


All'interno della mia mente c'è un tale turbinio, una tale confusione che non riesco più a tirare fuori niente. I miei pensieri sono a tal punto aggrovigliati che non si riesce a staccarne uno dall'altro, e se tiri, ti vengono dietro tutti. Mi sento come se stessi per vomitare, e allora tengo la bocca chiusa per evitare che escano più cose del dovuto, ma invece vorrei gridare un grandissimo vaffanculo. Sono una bestia in gabbia che non sopporta più la sua prigionia, che, per quanto spazio le si concede, non ne ha mai abbastanza, ne vuole sempre di più. Oscillo fra pulsioni diverse, da santa o da puttana. La verità è che sono ancora troppo limitata, troppo costretta dalle mie paranoie. Vorrei poter uscire di qui e offrire il mio corpo al primo che passa, perchè tanto sarebbe lo stesso; allo stesso tempo però, vorrei qualcuno che mi facesse sentire speciale. Credo che sia tutta una grande illusione; l'amore stesso è un'illusione. Io non ne provo da così tanto tempo che non ricordo che il male che può fare quando non c'è. Intanto i giorni si rincorrono velocemente, quasi quanto i desideri, e io li osservo dalla mia postazione fissa, quella dalla quale probabilmente non mi muoverò più. Intorno a me tutti si agitano e vivono le loro vite, chi meglio e chi peggio. Io non posso essere che una sorta di approdo sicuro, mentre vorrei essere un mare in tempesta. Vorrei tormentare le chiglie con le mie onde e inghiottire le navi, immergerle dentro di me fino a farle quasi annegare e poi risputarle fuori, pronte a farsi inghiottire di nuovo, ma tutto questo avviene solo nella mia immaginazione, perchè in realtà sono solida roccia sulla quale stanchi viaggiatori si appoggiano brevemente prima di ripartire. Già, tutti prima o poi ripartono, magari col cuore pieno di gratitudine per quell'appoggio che ho loro fornito, o pronti a dimenticarmi dopo solo qualche metro. Nessuno mai fa lo sforzo di portarmi con sé, perchè una roccia non è abbastanza divertente, non sa le parole giuste, è buona solo di restare ancorata al suolo. Sono una creatura col corpo di roccia e l'anima di mare in burrasca, e queste due parti inconciliabili continuano a scontrasi un giorno dopo l'altro, senza che nessuna ne esca vincitrice: la roccia può forse levigarsi un po', il mare calmarsi, ma la loro lotta è eterna. In tutto questo scompiglio cerco di vivere, come fanno tutti. Ogni tanto m'illudo di contare qualcosa per qualcuno, e ogni volta mi sbaglio. Si commettono tanti errori nella vita, io non riesco a perderne l'abitudine, così continuo a trascinarmi appresso gli strascichi degli errori passati uniti alle conseguenze di quelli presenti. Finirà mai?, mi chiedo. Finirà il giorno in cui morirò, solo allora.

1 commento:

  1. ideale sarebbe offrire reciprocamente sia i corpi e sia la speciale unicità in una cornice di ammaliante agio e benessere entro una bolla di aromi e sonorità allucinatorie, tuttavia, anche l'idea di fare da perno intorno a cui gli altri ruotano non è male.
    eppure la protagonista appare stanca di inseguire sogni che sembrano quasi reali e che lei preferisce tenere a distanza come dipendesse da altri il poterli vivere in prima persona.
    un eterno sforzo di rendere spento e infecondo ogni slancio, come mancassero l'energia interiore, la motivazione e una finalità alta a cui tendere e da trasmettere a chi resta dopo di noi.
    un quadro a tinte forti, materiche, con luci saettanti e ombre più che cupe, sorde.
    uno dei racconti più graffianti che ho letto di te e che spero non resti unico di questo filone.

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