Da qui, da sotto le palpebre, il mondo ha il dono dell'ignoto. La vita è oltre, oltre queste ciglia, e basta aprire, anche solo leggermente, gli occhi. La luce contamina tutto. Niente è come prima, dopo il suo arrivo. Con tutta la lentezza della oscurità fertile e feconda, dove si annidano futuro e guai, speranza e paura, forza e brividi, ti ritrovi spinto dentro un gioco, che molti si ostinano a chiamare vita. Ma non vale il viceversa, almeno non questa volta. Non chiamatela possibilità, forse potrebbe destino. Anche se a me fa un pò ridere. Esiste una buccia che circonda tutte le cose, prima che accadono. No, non sto parlando di un mandarino da sbucciare, prima di addentarne gli spucchi, fatti di un acre oro arancio - perchè a volte la natura si fa colore, prima di ogni altra cosa. Sto parlando della forza che ti spinge a resistere, anche quando e quanto non avresti pensato; non ti sarebbe mai passato per la testa di spingerti così a fondo di un dolore, di una gioia, o solo di una possibilità. La stessa di cui sopra, una variabile inesatta. Ha milla nomi il futuro, e nessuno è quello giusto, almeno non per sempre. Come se ci fossero passi che non siano solo polvere ed impronta. Ma solo deviazioni. Siamo la volontà, che, sotto quella buccia, pulsa e spinge. E si dimena, o solo, più o meno assorta, attende, e non sa che proprio quel dimenarsi è l'attesa più giusta. In verità, è un pò che rifuggo le cose giuste, anche di più le esatte, e mi sorprendo di fronte a tutte le cose che naturalmente accadono. Mi precipitano nel respiro. E quella attesa diventa tempo, anche quando quello che hai dietro si è irregolarmente concluso, e solo davanti a te c'è tutta la sua forza leggera e serena.
E per caso ho compreso che nella apparenza ci sono tutte le risposte
che la nostra volontà rinnega.
Anche quella è una verità.
Quella più densa.
E io sono l'apparenza più prossima a me stessa.
Non a quella vera.
Ma solo a quella che mi è più cara.
Perchè le parole hanno un cuore tutto loro
e se ne frega di ogni plausibile e plasmabile tentativo di dargli una forma.
Lasciano fare.
Ma alla fine continuano a "significare" esattamente quello che sono.
Chiudo gli occhi e mi spalanco al nulla.
Dove la misura non conta.
Ed il troppo ed il poco sono assolutamente vicini, troppo vicini.
E carne e anima sono soavemente indistinti.
Tra cielo e terra ci sono infinite cose ed io non ci avevo mai pensato.
E sempre più ostinatamente mi ostinavo.
Ho smesso di in_esistere nella misura in cui ho tolto agli altri il potere di farmi esistere.
Di crearmi e distruggermi.
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