domenica 8 gennaio 2012

Divisa. Forse scomposta. Frammenti che si affiancano, nella speranza invereconda dell'unità, o della condivisione. O solo di una forma che non dia un senso, ma solo una dimensione. Abbiamo bisogno di rendere tangibile ogni sensazione. Di bagnarla di materia. Non ho sottotitoli per questo pensiero. Nasce e si rituffa esattamente come l'ho sentito. Nudo dentro il fodero della mia carne. Ho sdoppiato il bordo. E il confine, il posto dove in maniera, più facile ed incuta, si annida la paura, è del tutto sbavato ed impreciso. Una specie di terra di nessuno. Di un nessuno che si è insinuato dentro di me. Una parte sconosciuta, ma più reale delle vene e del sangue, della cipolla che frigge nella pentola, di questa cicatrice che si intravede sull'anulare. Della goccia nel lavandino. Del latte sul fuoco. Dell'odore del mio collo. O solo del mio gomito. E' là che questo pericolo sconosciuto, ma tutto sommato sincero, a volte si nasconde. Per riaffiorare ogni volta che io scivolo nella lentezza morbida del non difendermi. Innaturale come la bontà. Crudele come il bisogno.
E l'aria si fa carezza.
Prima di mordere, all'improvviso.
Così viviamo, assorti piuttosto che mediamente distratti.
Scavalchiamo i giorni.
E le loro staccionate.
E si fa sempre più forte la sensazione di un gioco della figura con la mente.
L'occhio sente di essere osservato.
Vorrebbe nasconderlo alla mente.
Ed impudicamente si mostra, solo per fingersi sorpreso.
Perchè adora vibrare nello stupore.
E genuflettersi come una vittima innocente.
Ancora più ghiotto ed affamato di chi lo osserva.
Come se la curiosità fosse un riflesso che si rifrange.
Solo chi ha la propria vita, non si preoccupa di raccogliere l'immagine, le sue tracce, i suoi schizzi, le sue molliche, prima di andare via.
E non si volta.
Nessun tesoro da ostentare.
Solo un gioco.
Senza certezza.
Con la eleganza blasfema della malinconia.
Il tempo mi ha insegnato.
E prima che a me, a questo corpo.
Nulla accade senza lasciare un segno.
E quello aspetta solo che qualcuno lo ritrovi.
Lo sappia stanare.
Ne segua il percorso segreto.
Come se fosse proibito.
Ma non lo è.
Come una traccia su una mappa sperduta.
Forse una scheggia.

O un putrido mercimonio dell'anima.

1 commento:

  1. il gioco dell'apparenza che spesso cela invece di svelare?
    anche a nascondere segni da cui riconoscere se c'è stato il passaggio dell'altro, il dubbio è inevitabile.
    del resto le briciole che lasciamo spesso interessano poco anche ai passeri affamati, infreddoliti e sbeccati a furia di battere sulla terra gelata e anche noi stessi spesso quando sbolliamo l'umore prepotente, rinneghiamo quei "vecchi" pensieri.
    siamo una enorme ghirlanda di grandissime cazzate di cui neanche ci vergogniamo.
    hai proprio ragione.
    tuttavia, qualcosa di buono pure lo abbiamo.
    e lo dovremmo dire a chi apprezziamo, così come lo sappiamo se ce lo dicono.
    (ma ce lo dicono abbastanza?)

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