ogni 13 maggio le veniva in mente la frase della levatrice: 'partorirai con sforzo e con dolore'.
il viso atteggiato in una smorfia beffarda e il tono solenne e perentorio che l'aveva lasciata ammutolita strozzandole in gola un altrettanto solenne vaffanculo. da orfana a ragazza della porta accanto era diventata ragazza madre e l'unico denominatore comune era la solitudine che da sempre l'aveva accompagnata nella vita.
dei gemelli ricordava solo quella data e che glieli avevano portati via per il loro bene. da allora in qualche modo non era più uscita dall'ospedale e stranamente proprio quel mercoledì 13 maggio sarebbe stato il suo ultimo giorno a spazzare i corridoi e le stanze di degenza spesso assistendo nell'ombra o dietro a una porta appena socchiusa al verdetto finale che condannava molti di quelli che vi entravano a uscirne con sforzo e dolore. in questo il dio in cui credeva poco o niente era stato giusto concedendo anche agli uomini il diritto di vivere stentatamente tra fatica e strazianti sofferenze la morte.
tanto valeva maledire il genere umano con una formula meno specifica e più veritiera, o forse le cose erano cambiate nel frattempo ma nessuno aveva pensato di aggiornare le sacre scritture? svuotato l'armadietto e consegnate le chiavi era pronta a intraprendere il ruolo appreso nel corso per volontari ospedalieri a cui aveva pensato per dare continuità alle sue abitudini quotidiane, restando entro i confini di un mondo che per lei rappresentava e soddisfaceva tutti i suoi bisogni di socialità e sicurezza, quello in cui avrebbe anche potuto realizzare i suoi sogni se mai fosse stata capace di produrne. nella nuova veste avrebbe potuto stringere le mani e condividere le lacrime delle persone prossime alla morte che erano poi quelle a cui si sentiva più simile e vicina.
se le avevano impedito di crescere i suoi pargoli, chissà se il destino le avrebbe invece concesso di potergli dare l'ultimo abbraccio?
il viso atteggiato in una smorfia beffarda e il tono solenne e perentorio che l'aveva lasciata ammutolita strozzandole in gola un altrettanto solenne vaffanculo. da orfana a ragazza della porta accanto era diventata ragazza madre e l'unico denominatore comune era la solitudine che da sempre l'aveva accompagnata nella vita.
dei gemelli ricordava solo quella data e che glieli avevano portati via per il loro bene. da allora in qualche modo non era più uscita dall'ospedale e stranamente proprio quel mercoledì 13 maggio sarebbe stato il suo ultimo giorno a spazzare i corridoi e le stanze di degenza spesso assistendo nell'ombra o dietro a una porta appena socchiusa al verdetto finale che condannava molti di quelli che vi entravano a uscirne con sforzo e dolore. in questo il dio in cui credeva poco o niente era stato giusto concedendo anche agli uomini il diritto di vivere stentatamente tra fatica e strazianti sofferenze la morte.
tanto valeva maledire il genere umano con una formula meno specifica e più veritiera, o forse le cose erano cambiate nel frattempo ma nessuno aveva pensato di aggiornare le sacre scritture? svuotato l'armadietto e consegnate le chiavi era pronta a intraprendere il ruolo appreso nel corso per volontari ospedalieri a cui aveva pensato per dare continuità alle sue abitudini quotidiane, restando entro i confini di un mondo che per lei rappresentava e soddisfaceva tutti i suoi bisogni di socialità e sicurezza, quello in cui avrebbe anche potuto realizzare i suoi sogni se mai fosse stata capace di produrne. nella nuova veste avrebbe potuto stringere le mani e condividere le lacrime delle persone prossime alla morte che erano poi quelle a cui si sentiva più simile e vicina.
se le avevano impedito di crescere i suoi pargoli, chissà se il destino le avrebbe invece concesso di potergli dare l'ultimo abbraccio?
generalità: maschio, nato a Genova, il 13 maggio 1971.
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