d'abitudine l'andava a trovare ogni giorno prima di qualsiasi altro ricoverato e appena poteva si tratteneva con lui che le raccontava i suoi ricordi di un'infanzia tribolata in buona parte trascorsa in istituti o presso famiglie affidatarie gentili con lui solo se in presenza dell'assistente sociale e che gli piaceva far ammattire con ogni sorta di dispetto e grattacapo in una escalation che lo fa finire in riformatorio prima e in prigione poi.
eppure Marta coglieva qualcosa di buono in Mattia anzi si potrebbe dire che lo giustificava maternamente a prescindere e lui la ricompensava tralasciando di dirle delle peggiori brutture di cui era stato capace sia tacendole e sia evitando di inventarne a suo danno.
nei primi giorni dopo l'arresto c'era poco da fare, dormiva quasi sempre e lei leggeva le riviste che l'agente di guardia le regalava dopo averle consumate quasi del tutto.
fu colpita da un articolo sul dna mitocondriale e senza pensarci troppo gli tagliò una ciocca di capelli.
forse era stanca di aspettare, forse senza saperlo qualcosa la induceva a sospettare che l'indulgenza derivasse dalla famigliarità che immaginava da più di due terzi della sua vita già trascorsa e che sentiva minacciata da un affanno persistente e apparentemente ingiustificato.
il clic del ciondolo portaritratti in cui aveva riposto la ciocca dove già aveva trovato posto la propria lo svegliò e lo sguardo di lui cadde nuovamente su quel monile che aveva tante volte pensato di sottrarle.
l'unico oggetto prezioso di quella donnina dimessa e paziente come mai nessuno era stato con lui che l'avrebbe forse voluto come ricordo di quei giorni affettuosi e tranquilli, più che come bottino dal peraltro modestissimo valore che Marta aveva di suo già deciso andasse a lui il giorno che quel dio che gli aveva segnato la vita l'avesse pretesa indietro.
ogni tanto parlavano di Primo, qualche accenno per via che a lei ricordava i suoi gemelli spariti e a lui faceva ribollire la rabbia e l'invidia per la fortuna che aveva avuto in sorte a scapito della sua.
insieme si decisero a parlarne con l'avvocato così da facilitare l'incontro che nella sua mente bacata immaginava come un'occasione di rimediare qualcosa, magari spingendo sul senso di colpa o almeno sulla pietà.
'davvero stai pensando al denaro?'
'aiuta'
'lo sai che resterai in carcere a lungo, più di qualche euro è di un fratello che venga a trovarti di tanto in tanto che hai bisogno...'
'verrai tu'
'a Bergamo? è troppo lontano per me, senza promettere niente, magari una volta, forse due all'anno, ma poi per quanto?'
'meglio sbrigarsi allora, andiamo a fare due passi? magari un caffè alla macchinetta del piano di sotto?'
'perché no, se l'agente ha voglia di accompagnarci...'
'chi c'è?'
'quello alto'
'ah, Peppe, allora vedrai che dice sì, dei tre è il meno fiscale...'
più del caffè fu ottimo l'ammazza caffè.
seduta sul letto l'avvocato lo aspettava con una novità molto gradita e una meno buona.
il fratello aveva acconsentito a un incontro e l'ospedale aveva convenuto col giudice la sua dimissione e relativo trasferimento in carcere entro la fine di giugno.
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