lunedì 31 ottobre 2011

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Il sublime ed impareggiabile culto delle pietre. La terra che si fa preghiera. Forse per toccare il cielo. O solo sfiorarlo. L'unica possibilità che ci è data. Sfiorare come strisciare, senza che la si fermi, una corda, che qualcuno dopo di noi non smetterà di tendere e tirare. Il passaggio del testimone. Il canto del tempo. La sua voce implicita e segreta, capace di divenire eco viva e pulsante. Quasi calda, perchè mille soli l'hanno riscaldata. Oppure quasi liquida perchè mille piogge l'hanno invasa. E nulla le proteggeva. E' quella la forza delle pietre. Il loro essere indifese sotto il cielo. Le pietre si accartocciano, si contraggono, si lasciano portare via, ma senza smettere di esistere. Le pietre non insegnano, stanno. Apparentemente immemori, hanno rubato frammenti di eternità. E urlano la memoria della vita. E di fedi sconosciute. Bagnate dagli strati di speranza che si sono accasciate, in modo quasi irreale, immemore, inzuppate di fumi di incensi, gocciolanti di speranza e di attesa, come candele tremanti. E la loro cera calda che avvolge. Resta, di loro, la forza, la spinta e l'urto invisibile. Oltre la polvere. Sono la sintesi imprecisa del tempo e della preghiera, della gioia contratta al margine con il futuro.
Mi piace osservare che la pietra è donna.
E donna gravida e pregna di memoria.
Di tocchi, di calchi.
Di impronte.
Di sogni e di ideali.
Come dire di forza vera.
Il succo di esistenze che si uniscono senza sovrapporsi.
E' il tempo che offre all'uomo una possibilità.

In fondo abbiamo incominciato a pregare e sperare, senza che nessuno ce lo insegnasse.
E' così che ci siamo ritrovarti di fronte a Dio.
E neanche aveva un nome.
E ne aveva infiniti.
Allo stupore del nostro limite, che ci ha protesi verso l'ignoto.
E per caso, Dio si è nascosto dentro un tronco.
Affinchè fosse radice e ramo.
Frutto e linfa.
Ogni volte che scegliamo il bene, le sue radici vanno sempre più a fondo.
Niente è più mistico della semplicità della esistenza.
Tutto diventa possibile.
Quasi nascondersi stelle tra le dita, come promemoria.
Per non dimenticare.
E dall'imbuto sfugge sempre un frammento di vita, calda e furente.
Quasi inattesa.
O in attesa.
E' la vita la preghiera del mondo.

1 commento:

  1. comunicazione di servizio (alias non è il commento)
    daunfiore, ho messo i tag:))

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