venerdì 1 giugno 2012

BIANCANEVE



(Immagine dal web)



Avrei dovuto spargerle il sale sopra alle ferite, come si fa sulla neve quando invade le strade. Avrei dovuto arrampicarmi sull'asfalto scuro, grigio, scricchiolando sul ghiaccio con le catene alle ruote. Avrei dovuto.. certo, avrei anche dovuto capire cosa c'era da fare sopra quel monte, sopra il pensiero di lei, che non c'e', non c'era e mai c'era stata. In effetti poi, il pensiero, stava gia' sopra al valico e mi aspettava. Ma quante volte il pensiero aspetta invano? Tutta la vita ci aspetta, finché non moriamo appresso ad una fede, alla decisione di credere, di rinnegare quel lampo che ci ha schiantato il cuore e illuminato le idee.
Sappiamo sempre tutto in un lampo. Ma se accettassimo l'immediata consapevolezza che siamo, allora la vita non ci porterebbe lungo un percorso tortuoso con immensi panorami sempre nuovi, ma si risolverebbe in un istante sconfitto, in un singolo movimento di respirazione.
Trattieni il fiato, dicesti, ed io ti diedi retta. Perche' li' dov'ero non avevo molta scelta. E chiudi gli occhi,aggiungesti. Ma questo non volli farlo. Non piu'. Perche' ormai tutto mi piaceva guardare. Ogni cosa, che fosse giorno o buio pesto. E lo spavento, il raccapriccio, sono sempre meglio che il sonno senza sogni. Per quello c'e' la morte, se la morte esiste. Se la morte non e' accettare la verita' di questa vita.
Cosi' mi abbracciasti, mentre lei, la vera lei, guidava. E lo stomaco brontolava, lo sentivo.
Mi chiedesti, hai fame? Con la dolcezza che ti riconoscevo, sempre. Come quando da piccolo mi asciugavi il sudore in fronte, con le labbra pronte, con le mani calde e il sorriso ingenuo. Con lo scudo issato sopra il muro e la spada nel tiretto di un mobile accanto al camino.
Stammi vicino, cosi' mi dicesti anche stavolta, pur sapendo che nulla avrebbe importato agli orchi e nemmeno ai lupi se fossimo stati uniti, coesi, arcigni nel nostro volerli sfidare.
Andremo ancora al mare, soffiasti nel palmo del mio pugno chiuso a riccio, e quello s'apri' e le unghie lasciarono colare un rivolo di sangue lungo il polso. Hai male? Chiedesti, ma io non sentivo niente.
Tumefatto e rotto nelle ossa, non capivo come mai ci facesse tanto sconforto essere in fondo dalla parte del torto.
Biancaneve divenne ancora piu' assente. Cantava guidando, la sentivamo bene. La sua voce veniva da altrove, da un luogo imprecisato che sta sicuramente oltre il monte. E aveva un che di soave forse, di attraente. Non c'era molto da aggiungere. Anzi forse non c'era proprio niente da dire, da capire, da controllare e ripassare. Ci era sembrato quasi tutto normale. Si, del resto, quasi tutto normale. Gli orchi affamati che circondano la casa, usciti dal bosco. I lupi ad inseguire il babbo fino ad accerchiarlo. Le sue urla mentre vivo veniva mangiato.
L'unica eccezione, l'unico spavento, era stata giusto lei, Biancaneve. Con gli occhi di ghiaccio senza alcuna voglia di confessione, ne' di assecondare le nostre speranze. La sua, solo una presa di posizione.
Avessi sbagliato a immaginarmela bella, adesso non starei qui a darmi ragione. E invece aveva fischiato ai lupi, e quelli erano tornati con le bocche insanguinate. E i nani erano scesi dal furgone e ci avevano pestato. Urlavamo entrambi, uno per chiedere clemenza nei confronti dell'altro.
Ma nessuna clemenza c'e' nelle storie antiche. Sono miti ancestrali che raccontano la ferocia della vita e la verita' della morte. Tutto cio' che le ricopre, che ci chiude gli occhi e ci fa sognare, e' la voce di chi racconta, la voce di chi le trasforma in nenia Tutto cio' che le cambia in favole belle, e' il fiato caldo di chi ci veglia.

2 commenti:

  1. (che io ricordi in biancaneve non c'è il lupo che invece ha a che fare con cappuccetto rosso e poi manca il principe:( del resto mica scemo è, sta signorina è sadica quasi quanto me!)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. immagino che lupi ed orchi si siano imbucati. del resto anche strade asfaltate pneumatici e catene....

      Elimina