mercoledì 6 giugno 2012

l'arcano del gatto, del topo e dell'oca dei miei stivali


il decano per risolvere l'arcano dilemma dell'ancella si sporse dalla torre e lanciò uno strale al cielo che sapeva di rituale atavico e ancestrale.
dagli astri si sprigionarono lance al curaro che trafissero il suolo in ogni suo punto vitale, fosse acqua, fosse pianta, fosse terra, fosse specie animale, tutto.
financo il fuoco degli dei, tanto che tutto scolorì d'incanto in un'immobile grigiore in cui solo il gatto con gli stivali spiccava i suoi passi ciascuno avvolto in una nube di polvere di cenere vecchia a seconda dell'età in cui era sorta nella forma visibile ormai solo come vestigia illusoria ed evanescente.
anche il tempo come entità era svanito giacchè ogni orologio e ogni meridiana erano fin da subito crollati in macerie o abbattuti da chi ancora restava e poco si fidava di quei numeri che scorrevano intermittenti, appesi a sfilacciati e malfermi fili rimasti attaccati a qualche batteria esausta e agonizzante.
le terre emerse alla fine del loro viaggio apparivano sui monitor di satelliti, deserti e perduti nello spazio a girare intorno a cumuli di spazzatura, con le sembianze di un drago trafitto dagli aghi di un'abile e accorto agopuntore oppure dal morso paralizzante di un chissà quale insetto, rettile o animale.
al gatto e ai suoi stivali poco importava del drago, del tempo, dei monti, del mare nè che dopo quel vento rumoroso portato dal fragore delle lance fosse sceso il buio e il silenzio.
quello che voleva e che il decano aveva frainteso era una soluzione semplice e indolore al suo problema di verruche negli alluci, tuttavia disse, tra sè e ma, che in effetti nell'attuale sterminio era ormai inutile cercar scampo altrove e pertanto fece a meno anche dei suoi calzari e li sfilò per riposarsi.
si stese e guardò in alto, un puntino brillante si spostava verso di lui che gli gettò un'occhiata e quello scambio di sguardi fu l'ultima cosa che immortalò il monitor dell'ultimo satellite prima di precipitare in un buco nero che nel guardare di sotto gli era distrattamente sfuggito.
che sguardo strano quel gatto, pensò il satellite.
mi sento strano, pensò il gatto.
è un semplice gatto, come un qualsiasi randagio, pensò il monitor.
ma tu guarda sto gatto impagliato, disse un topo passandogli indifferente vicino.
"quack" sbuffò un'oca prima dell'ultimo definitivo black out galattico.

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